L’assegnazione del Premio Mare di Libri è anche il miglior modo per conoscere dal vivo i dieci giovani giurati, forti lettori tra i 14 e i 16 anni, che anche quest’anno hanno decretato il miglior libro per giovani adulti del 2016.
In Sala Ressi sono stati presentati al pubblico; agli editori e agli addetti all’Ufficio stampa (Bombiani, EDT-Giralangolo, Il Castoro, Rizzoli) invitati per assistere in diretta all’assegnazione del Premio a uno dei loro libri in gara; e alla giuria adulta che aveva scelto la cinquina finalista. Gli applausi per i giovani giurati sono stati tanti.
La media dei loro voti ha portato alla vittoria Ti darò il sole di Jandy Nelson, pubblicato da Rizzoli.
Gli altri libri in gara erano:
Brucio di Christian Frascella, Mondadori
Ferma così di Nina Lacour, EDT-Giralangolo
Quello che non sai di me di Meg Wolitzer, Il Castoro
Ragazzi d’oro di Sonya Hartnett, Bompiani
Qui di seguito riportiamo brevi stralci delle motivazione dei giovani giurati:
L’autrice riesce a creare un contatto emotivo tra chi legge e i protagonisti, Francesco Manna, 16 anni; Grazie all’alternarsi dei gemelli che raccontano la loro storia a distanza di anni, il libro acquista suspance, Lorenzo Della Libera, 16 anni; Romanzo splendido che non sono riuscita a interrompere prima di aver finito di leggere […] la storia di ognuno (dei personaggi, ndr) combacia perfettamente con le altre in una conclusione che lascia un sorriso sul volto, Federica Laneri, 16 anni; In una parola: geniale. Le due parti sono sviluppate e scritte entrambe molto bene e combaciano alla perfezione, Carla Mason, 16 anni.
Alla fine della premiazione una sorpresa ha deliziato pubblico e giuria: il saluto video dell’autrice, emozionata per aver ricevuto il Premio Mare di Libri e contenta di sapere che almeno Noah e Jude erano insieme a noi, a festeggiare.
“L’autrice è stata terribilmente e magnificamente realista: non tutte le belle storie devono avere per forza un lieto fine” (Virginia, 15 anni)
“Questo libro è un dolcissimo e triste inno alla vita e lo consiglierei a chiunque, solo per far comprendere quanto si è fortunati, anche solo perché esistiamo” (Elena, 15 anni)
“La serie di motivi che spingono una persona a togliersi la vita non sono affatto banali […]. Grazie al cielo qualcuno sta provando a trasmettere un messaggio diretto a proposito, puntando direttamente al nostro cuore” (Sarah, 16 anni)
Queste alcune delle motivazioni che hanno spinto la giuria di 10 fortissimi lettori adolescenti, provenienti da tutta Italia, a premiare Raccontami di un giorno perfetto di Jennifer Niven, DeAgostini, come miglior romanzo per ragazzi pubblicato nel 2015, in occasione della terza edizione del Premio Mare di Libri.
Quest’anno nella rosa finale c’erano anche Ragazzi di bambù (Mitali Perkins, Atmosphere Libri), Tinder (Sally Gardner, Rizzoli), Reato di fuga (Christophe Léon, Sinnos), I segreti di Heap House (Edward Carey, Bompiani)
La premiazione si è svolta domenica 19, e come tradizione si è conclusa con una cena riservata all’autrice, ai giurati e agli editori dei libri in gara: un momento speciale per i giovanissimi lettori.
Ecco la giuria di giovani lettori: Alessandro, 15 anni, Mantova; Alice, 16 anni, Monza; Anna, 15 anni, Cuneo; Elena, 15 anni, Vittorio Veneto; Emma, 15 anni, Treviso; Filippo, 15 anni, Rimini; Francesco, 14 anni, Firenze; Maria Giovanna, 14 anni, Agrigento; Sarah, 16 anni, Firenze; Virginia, 15 anni, Cuneo. Venite a conoscerli qui!
Non si può non dire che sia stato un pomeriggio speciale: incontrare Craig Thompson non capita certo tutti i giorni. Uno dei più grandi fumettisti americani qui a Rimini per parlare di sé, della sua arte, dei suoi libri. Il graphic novel è così entrato nella Sala del Giudizio del Museo della Città con uno dei suoi più nobili esponenti.
Craig, davanti agli sguardi illuminati di una folla attenta, stava seduto e, al microfono, col suo accento americano, riempiva le pareti di sé, rispondendo alle domande più diverse.
Con semplicità ha affermato di aver scritto la commedia fantascientifica di Polpette Spaziali pensando al libro che avrebbe voluto avere tra le mani lui a otto anni e pensando alla figlia neonata di una coppia di amici; eppure, ha continuato “è per tutti, dai 7 ai 70 anni”.
Racconta poi i suoi aspetti più autobiografici: è cresciuto in un ambiente contadino tra il padre idraulico e autisti di camion, in una Contea dove non ha mai incontrato adulti andati all’università. È qui che pone le sue radici il padre della famiglia protagonista del libro di grande successo che ha reso il disegnatore famoso in tutto il mondo: Blankets. Per i più curiosi, Craig ha anche rivelato le sue tecniche di lavoro, come passi dal digitale, al manuale e poi ritorni al digitale, dove quindi la sostanza del disegno è tutta opera del pennello a china che il suo braccio dirige. “Io, in quanto autore di disegni, mi mantengo facendo cose belle”, è questo ciò che, tra le altre cose, mi porto a casa da un pomeriggio più particolare di altri. È lo sguardo dolce, ma allo stesso tempo determinato, di chi si domanda se come artista raggiunga un fine, se ricopra un ruolo all’interno della società, oppure se il suo essere artista non rimanga fine a se stesso o sia qualcosa di frivolo. Craig dice di chiederselo ogni giorno. Penso che chi ha letto i suoi libri, chi ha rivolto lo sguardo sui suoi disegni e sulle storie che esse portano dietro, orienterebbe deciso l’artista verso la prima risposta.
Craig mi ha detto che con impegno e forza di volontà i sogni che custodiamo gelosamente nei nostri cassetti possono realizzarsi. L’immagine che ho ancora nella mente delle centinaia di scarabocchi, di schizzi, di bozze necessarie per ultimare i suoi disegni mi ricorda la caparbietà e la ricerca di chi non si accontenta. Ecco l’altro aspetto che mi ha toccata di più: ho colto Craig come un uomo con un animo che tende alla ricerca. Fare ricerche, informarsi, appassionarsi e creare, sono questi verbi che Craig ha disegnato in me. E questa volta lo ha fatto solamente con le parole, senza pennello.
Marta, 18 anni
Ore 16:30 Teatro Duse, Bologna.
L’evento inizia con un boato, quando lo scrittore Rick Riordan e il suo intervistatore Fabio Geda, anche lui scrittore, si accomodano sul palco.
Scopriamo che Riordan parla l’italiano molto bene e che lo studia dal 2014; inoltre con grande stupore di tutti i presenti, rivela che il suo cognome si pronuncia Raiordan, e non Riordan.
La prima domanda è: Perché ti sei affezionato ai miti, tanto da scriverne dei libri?
Sono cresciuto con i miti greci e romani, anche se venivano sempre mescolati, e li ho sempre trovati molto affascinanti. Quando scrivo, è molto difficile descrivere gli dei greci senza sapere nulla di quelli romani.
È l’Olimpo in generale che ti affascina? O sei legato a Percy Jackson?
Mi piace molto la religione olimpica, ma Percy Jackson ha un posto speciale nel mio cuore.
(Percy apparirà anche nel suo prossimo libro: Le sfide di Apollo , anche se il protagonista rimarrà comunque Apollo)
I personaggi sono ispirati a qualcuno che conosci?
Sono ispirati ai miei alunni, perché è molto importante che i giovani riescano a identificarsi nei personaggi. Nico di Angelo (il figlio di Ade), ad esempio, è ispirato a un mio alunno. Credo che non tutti siano eterosessuali ed è giusto tenere conto delle differenze e rispettarle. Samirah al-Abbas è ispirata a una mia alunna musulmana che si mise a piangere dopo gli attacchi del 2001, poiché sapeva come sarebbe cambiata la sua vita e il mondo intero.
Cosa unisce l’essere insegnante e scrittore? Qual è il filo che lega questi due mestieri?
Insegnando agli adolescenti ho imparato molto, ad esempio cosa piace ai giovani lettori riguardo ai libri, quale trama per loro è più accattivante.
Se Annabeth e Percy de Il Sangue dell’Olimpo potessero dire qualcosa a Percy ed Annabeth de Il ladro di fulmini, cosa gli direbbero?
“CORRETE, CORRETE!”
Hai sempre desiderato fare lo scrittore?
Sì, da quando avevo 15 anni, anche se da piccolo non mi piaceva molto leggere. E’ stata una mia insegnante, quando avevo 10 anni, a consigliarmi Tolkien e da lì è nata la mia passione per la lettura. Ogni anno ho scritto un libro. Ho iniziato a scrivere gialli e il mio primo libro è stato rifiutato dagli editori 14 volte. Ci sono voluti 10 anni prima che pubblicassero il mio successo: Il ladro di fulmini.
L’evento è continuato, intervallato da urla di entusiasmo e grida assordanti, in modo disinvolto e piacevole e l’autore è stato molto generoso con i fan.
Riordan ha raccontato di come non sia mai andato a vedere un film tratto da un suo libro al cinema, perché quando un autore vende i diritti sul libro, è lo studio di produzione che ha il controllo su tutto e spesso l’intenzione di produrre un film molto distante dalla trama originale è la regola.
L’evento si è concluso con la domanda: Ci saranno ancora libri su Percy Jackson?
Ci metto 6 mesi a scrivere un libro quindi… Vedremo.
E noi aggiungiamo: speriamo!
Francesco e Filippo, 14 anni
Sul treno Rimini-Bologna in un’anonima giornata di marzo, piuttosto grigia a dire il vero, mi accingo a incontrare la scrittrice che con la sua trilogia mi ha fatto conoscere, e amare, le distopie.
Ora come ora “distopia” è un termine abbastanza diffuso, che sta ad indicare un genere di letteratura, solitamente ambientato nel futuro, dove le società si radicalizzano e le realtà diventano estremamente indesiderabili: un mondo con l’intenzione di essere perfetto che invece crolla come un castello di carte, mostrando tutte le sue fragilità. Comunque, tempo fa non era così conosciuto e anche se avevo letto i grandi classici del genere – 1984, La fattoria degli animali, Il signore delle mosche – non mi avevano entusiasmata, non a dodici anni almeno (per la cronaca, ora sì!). Fino a quando, nel 2012, leggendo, sono stata catapultata in un mondo diviso in Fazioni, in un futuro dove un test attitudinale rivela le naturali inclinazioni delle persone, in una società dove tutti hanno un ruolo e un compito preciso. Fu così che conobbi Divergent, il primo volume della saga di Veronica Roth. Divenuta trasposizione cinematografica per la Summit Entertainment con attori del calibro di Shailene Woodley e Theo James, con una vendita di oltre 35.000.000 copie in tutto il mondo e 500.000 in Italia, Veronica Roth ha appassionato migliaia di lettori, esercitando un’attrazione particolare sui ragazzi, coinvolti direttamente nelle vicende dei protagonisti Tris e Four. C’è da dire che il successo di Divergent in Italia è arrivato dopo qualche anno dalla pubblicazione per DeAgostini e deve molto senza dubbio ai film, però lento, ma inarrestabile ha raggiunto il livello delle grandi saghe fantasy degli ultimi anni, tanto da poter essere accostato a Harry Potter, Hunger Games e Percy Jackson.
E così, entusiasta, mi ritrovo a una conferenza dove Veronica Roth si trova a due metri da me.
Quasi Intrepida nel suo vestirsi di nero, sembra anche lei emozionata e scherza, mettendosi in gioco con i suoi interlocutori, giovani e non. Tra le domande incalzanti, ci racconta il mondo che ha creato da giovanissima, un mondo che lei stessa dipinge non auspicabile, diviso così rigidamente in Fazioni, perché “Nel momento stesso in cui iniziamo a categorizzarci iniziamo a porci dei limiti”. Si dichiara del tutto sorpresa del successo di Divergent e con grande vivacità spiega quanto sia stato difficile continuare a scrivere il secondo volume sapendo di avere un pubblico con alte aspettative su di lei e sul suo lavoro: onestà e coraggio sono state due parole chiave per la sua scrittura. Onestà verso i suoi lettori, verso tutti coloro che hanno sempre contribuito alla realizzazione dei romanzi e coraggio di rischiare in modo da non limitare la sua creatività per paura di sbagliare o deludere.
Qualche settimana fa un ragazzo di quattordici anni ha chisto a Neil Gaiman, famoso scrittore britannico, sulla sua pagina Tumblr, come diventare scrittore e se avesse qualche consiglio da dargli. La risposta dell’autore di Stardust e della bellissima saga a fumetti Sandman – giusto per citare qualche titolo della sua ampia produzione – non si è fatta attendere e noi l’abbiamo tradotta per voi.
Innanzitutto devi leggere. Leggi tutto ciò che ti passa fra le mani. Leggi i classici di qualunque area vuoi scrivere, così che tu conosca quali siano le vette più alte. Leggi al di fuori delle tue comfort zone, affinché tu conosca cos’altro c’è la fuori. Leggi.
Secondo, fai pratica. Divertiti. Se trovi uno scrittore che ti piace, scrivi come lui. E successivamente assomiglia a qualcun altro. Scrivi ogni cosa. Non temere di essere bravo o essere letto da altre persone. Devi solo giocare, giocare molto.
Terzo, leggi libri sulla scrittura, usa tutto ciò che sembra interessante e ignora ciò che vuoi ignorare. Quando ero un ragazzo, ricordo il piacere con cui trovai un libro dal titolo L’arte della fantascienza, curato da Reginald Bretnor, contenente saggi di un gruppo di scrittori, benché le uniche cose che ho usato (credo) fossero le descrizioni di John Brunner sulle diverse forme delle storie, e il consiglio di Larry Niven sul fare tesoro dei propri errori di battitura (che è da dove è uscito Coraline).
Quarto, vivi più che puoi. Più cose vedi, più luoghi visiti, più vite incroci, più riuscirai a scrivere fedelmente e più ricordi avrai per far sì che la tua immaginazione sia reale.
Non lasciare che le persone ti scoraggino. (Nessuno ti costringe a dire a qualcuno che vuoi diventare uno scrittore). Non sei nella linea temporale di alcuno. Puoi ottenere un lavoro inerente alla scrittura o ottenere un lavoro di qualsiasi altro tipo: nessuna di queste cose conta sulla lunga distanza. Basta che tu sappia che dovrai ritagliarti del tempo per scrivere.
Oltre a questo, ci sei solo tu con te stesso. E quando ci sei tu davanti a uno schermo o a pezzi bianchi di carta questo è il modo in cui dovrà sempre andare.
Traduzione dall’inglese di Francesco Ressa
Il Carnegie Medal in Literature è, in qualche modo, l’equivalente inglese del Nobel per la letteratura, e nello specifico per la letteratura per ragazzi.
Viene assegnato dal 1936, e la lista dei nominati al premio per il 2016, anno della settantesima edizione, è stata pubblicata da poco.
Trattandosi di uno dei premi più importanti e prestigiosi per gli autori per ragazzi, vogliamo segnalarvi i libri, tra quelli in lista, dei quali già esiste la traduzione italiana: li trovate elencati qui sotto. Ci ha fatto piacere trovare il nome di Allan Stratton, che è stato ospite al nostro festival nel 2015 proprio per presentare il romanzo ora in nomination!
La lista completa è consultabile invece sul sito ufficiale del premio.
Libri tradotti in Italia
Becky Albertalli, Non so chi sei ma io sono qui, Mondadori (pubblicazione prevista per maggio 2016)
Gayle Forman, Laggiù mi hanno detto che c’è il sole, Mondadori
A. F. Harrold, Il mio amico immaginario, Mondadori
Susin Nielsen, Siamo tutti fatti di molecole, Il Castoro
Jennifer Niven, Raccontami di un giorno perfetto, DeAgostini
Chris Riddell, Agata De Gotici e il fantasma del topo, Il Castoro
Allan Stratton, La casa dei cani fantasma, Mondadori
David Williams, Zia Malefica, L’Ippocampo
Ricerca condotta da Francesco Ressa
Perché sia un anno pieno di letture, non c’è modo migliore che ascoltare i consigli dei vostri autori preferiti. Ve ne abbiamo tradotto qualcuno dall’articolo del Guardian.
Meg Rosoff, autrice di Come vivo ora (Feltrinelli) e Fai finta che io non ci sia (Rizzoli)
Il mio proposito è semplice, e l’ho già cominciato. Più tempo a leggere, meno tempo online. Ho provato a leggere per quattro ore al giorno e il mio cervello si sente meglio.
Matt Haig, autore di Essere un gatto (Salani)
Il mio proposito di lettura per il prossimo anno è solo uno: sono determinato a passare più tempo a leggere e meno a navigare in internet. Odio ammetterlo, ma il “libro” su cui l’anno scorso ho passato più tempo è stato Facebook. A dire il vero, Facebook e Twitter da soli forse mi prendono più tempo che lettura e scrittura messe assieme, il che è una cosa orribile da confessare. Quindi meno tempo a twittare e aggiornare stati, e più tempo a leggere e arricchire la mente.
Chris Priestly, autore di Le terrificanti storie di zio Montague (Newton & Compton)
Quest’anno ho intenzione di leggere di più. In realtà leggo molto meno adesso che sono scrittore, perché trovo difficile liberare la mia testa abbastanza da dare al libro l’attenzione che davvero merita. Inoltre, seguendo l’esempio del nostro lodevole autore per ragazzi Chris Riddell, proverò a fare almeno un disegno al giorno. Che sia buono o no è un’altra questione…
Katherine Rundell, autrice di Sophie sui tetti di Parigi (Rizzoli)
Il mio proposito per il 2016 è finire il libro al quale sto lavorando, ambientato nella foresta amazzonica. Ne sono molto entusiasta; è il primo che ho scritto con un ragazzo come protagonista. Mi ripropongo ogni anno anche di finire di leggere Infinite Jest di David Foster Wallace. Sono quasi certa che lo farò quest’anno.
Piers Torday, autore di L’ultimo branco selvaggio (Salani)
Sono pessimo nel mantentere propositi di ogni tipo per l’anno nuovo, e infatti sto ancora programmando per l’anno prossimo di iniziare la dieta che avevo provato per la prima volta nel 1998. Ciononostante, in termini di lettura, mi piacerebbe leggere più letteratura straniera per ragazzi, come pure riscoprire uno o due classici che avevo perso della mia infanzia anni ’70 e ’80. E soprattutto, il 2016 sarà per me un anno di lettura più che di scrittura – il prossimo libro richiederà molto studio.
Sally Gardner, autrice di Il pianeta di Standish (Feltrinelli) e Tinder (Rizzoli)
“Come” significa “simile a”. Spesso lo utilizziamo sottintendendolo in verbi come “sembrare”, “assomigliare”, “avere il suono di”, “avere il sapore di”, “sentirsi”. Ho sempre la sensazione che un “come” ti allontani dalla storia, ti tenga fuori da essa e ti faccia pensare se essere d’accordo che questo sia simile a, ecc. Quindi il mio proposito è usarli come ultima spiaggia.
Philip Reeve, autore di The Hungry City (Mondadori)
Il mio proposito per il nuovo anno in questi giorni è sempre lo stesso, e cioè passare un po’ meno tempo su internet. Il tempo trascorso online devi ritagliartelo da qualche parte, e in buona parte è tempo che passavo a leggere. (In più, credo diminuisca la mia capacità di attenzione.) Il periodo compreso tra Natale e Pasqua è, di solito, il momento migliore per prendersi una pausa, poiché sarò impegnato a lavorare a nuovi libri, e non ho molti eventi da pubblicizzare. Così il 1 gennaio mi sono cancellato da Twitter e Facebook e proverò a non aprirli di nuovo per un mese o due. È come non essere più incatenato a un pazzo.
Traduzione dall’inglese di Teodora Camerini, Alice Fiorini e Francesco Ressa